A seguito del mutato scenario domestico e non solo, larghissima parte delle imprese sono chiamate ad aggiornare (ove possibile) il proprio modello di business.
Il marketing come noto è una leva fondamentale per il mondo degli affari.
Proprio in questi giorni, su molti media, si legge "Ti aspettiamo", ma ciò non significa che stiamo fermi (anzi). Questo il senso del messaggio.
Ebbene, mutuando (non più di tanto) tale slogan, si può notare che molte realtà economiche in particolare le micro-piccole imprese (Mpmi) devono utilizzare questo tempo, di relativa inattività, per rifocalizzare il proprio modello di business.
Infatti, in molti casi la pandemia è stata un aggravio inaspettato per non dire un fulmine a ciel sereno che ha “piegato le gambe” a tanti operatori economici. Preso atto di ciò, l'imprenditore, sostanzialmente, ha 3 strade dinanzi a sé: cessare l'attività o passarla di mano, fare nuovi investimenti (più soft che hard), aggregarsi con altre imprese.
Tralasciando il primo punto, poiché non ha bisogno di di particolari esemplificazioni e/o approfondimenti, proviamo ad approfondire gli altri 2.
Gli investimenti rappresentano la leva essenziale per il riposizionamento e la crescita di qualunque attività (impresa o lavoro autonomo).
Evocando la parola investimenti, spesso l'imprenditore pensa a beni materiali (immobili, macchinari, impianti, ecc..), ma è più opportuno orientarsi sui beni immateriali, e fra questi indubbiamente sulla tecnologia che deve supportare l'azienda ai nuovi paradigmi di mercato. Tanto per fare alcuni esempi si possono annotare le azioni di: rebranding, comunicazione e/o marketing, interconnessioni sistemi diversi (piattaforme social), multicanalità, e-commerce, virtualizzazione del prodotto, tracciamento prodotti/logistica, assistenza post vendita, ecc.
Sulla scia di quanto già rilevato nel trend degli ultimi anni, nel medio-lungo termine sarà la gestione della customer experience a fare la differenza, più ancora delle politiche di prezzo e di prodotto. A dispetto di chi profetizzava la fine dei negozi fisici a favore dell’e-commerce, gli esperti ribadiscono che a sparire saranno solo i negozi “noiosi”. È questo il leitmotiv: il cliente si recherà ad esempio in un punto vendita fisico, se lì troverà una molteplicità di tecnologie visibili e invisibili per tessere un rapporto basato sull'empatia e sul correlato servizio (al di là del prodotto), mirato e quanto più possibile personalizzato per ogni tipo di cliente.
Ecco quindi che l'imprenditore, anche con l'ausilio di personale formato ad hoc, deve assolvere la funzione di “smart management” utilizzando al meglio l'innovazione digitale tra sistemi e dispositivi diversi per gestire tutte le informazioni e relativi processi a servizio del sistema aziendale sempre più complesso.
Inoltre, in relazione alle aggregazioni è noto che il nostro tessuto imprenditoriale è formato in larga parte da Mpmi, poco capitalizzate e strutturate. È altrettanto nota la ritrosia da parte di molti imprenditori nell'ampliare la base proprietaria/decisionale e pertanto, di fatto, si rassegnano a rimanere “piccoli”, ossia indipendenti senza dunque costituire soggetti partecipativi.
Tale fenomeno, se ha pagato negli anni passati, oggi mostra tutti i limiti del caso. Da ciò consegue che l'imprenditore un poco illuminato, nella strategia a breve non può fare a meno di prendere in esame forme di aggregazione. Tra queste e al di là delle diverse e conosciute forme societarie, ben potrebbero essere esaminate e concluse collaborazioni di distretto e/o di filiera, facendo ricorso a modelli più flessibili quali i contratti di rete.
In conclusione, lo scenario che si va profilando richiede una identità chiara/riconosciuta, un sistema di risorse e uno di capacità di pensiero strategico.
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