Sconti sul cuneo fiscale dei dipendenti

Fino a 1.223 euro di vantaggio, strutturale, per i lavoratori con un reddito di 35mila euro (795 netti in più in busta paga – con una riduzione complessiva del cuneo, cioè la differenza tra costo del lavoro e retribuzione netta, di 1.835 euro). A 20mila euro di retribuzione annua lorda il cuneo contributivo si riduce in totale di 1.048 euro e di questi 699 euro sono i risparmi per il lavoratore (di cui 160 euro già scontati per quest’anno con la mini-decontribuzione dell0 o,8 in vigore fino a dicembre) e 349 quelli per il datore di lavoro; l’aumento dell’Irpef trainato dal taglio contributivo fa scendere il beneficio netto per il lavoratore a 524 euro. Il risparmio, dunque, aumenta in modo proporzionale all’aumentare del reddito da lavoro. Volendo fare un altro esempio, a 30mila euro di retribuzione lorda il cuneo contributivo si riduce di 1.573 euro. Il risparmio per il lavoratore dipendente derivante dal taglio contributivo è di 1.048 euro (di cui 240 euro già scontati per quest’anno con la mini-decontribuzione), mentre quello per il datore di lavoro è di 524 euro; il beneficio netto per il lavoratore si attesta a 786 euro.

Dopo l’annuncio, da parte di Carlo Bonomi, ecco nel dettaglio l’intervento sul costo del lavoro da 16 miliardi che Confindustria propone per attenuare gli effetti dell’inflazione, così come dell’aumento della bolletta energetica per le famiglie e, al tempo stesso, per sostenere la competitività delle imprese. L’intervento punta ad aiutare le fasce di reddito medio-basse, all’opposto di quanto fatto con la scorsa legge di Bilancio, dove il mix di decontribuzione dello 0,8 e taglio a Irpef non ha prodotto effetti significativi sulle buste paga, peraltro premiando le fasce reddituali medio alte (sopra i 35mila euro).

Il costo di questa proposta (16 miliardi) potrebbe essere abbattuto sia perché quest’anno ci sono 1,5 miliardi della decontribuzione 0,8, sia con le altre riduzioni contributive oggi esistenti (disoccupati di lunga durata, under 35, residenti nel Mezzogiorno, solo per fare qualche esempio); e sia dall’incremento dell’imposta Irpef dovuta sulla nuova base imponibile, stimata in oltre due miliardi.

In ogni caso, come ricordato dallo stesso presidente di Confindustria, Bonomi, ci sono i 38 miliardi di extra gettito fiscale in più che lo Stato – è scritto nel Def – dichiara di incassare nel 2022; e i mille miliardi di spesa pubblica annuale che (se ci fosse realmente la volontà politica) si potrebbero rimodulare in favore di un intervento, serio, di riduzione del cuneo.

Oggi le ipotesi allo studio del governo sono nettamente distanti, con risorse disponibili non superiori a 1-1,5 miliardi. Il punto infatti è anche questo. Con la proposta di 16 miliardi di taglio al cuneo fiscale- contributivo, oltre a dar sollievo a famiglie e lavoratori, si interverrebbe (finalmente) sul costo del lavoro, che da sempre in Italia è a livelli monstre. Secondo l’ultimo dato Ocse, il costo del lavoro per le imprese italiane è al 46%, uno dei valori più elevati dell’area tra i paesi più avanzati, a fronte di una media Ocse del 34,6%. Se agli istituti inclusi nelle statistiche Ocse si aggiungono Tfr e contributi Inail, il cuneo per l’Italia sale al 49,8%, secondo solo a quello del Belgio (51,5%). Con la proposta di Confindustria, intervenendo su redditi da lavoro dipendente fino a 35mila euro annui, si stima una riduzione complessiva di 5,24 punti percentuali di cuneo, di cui 3,49 punti a favore dei lavoratori e 1,75 punti per l’impresa.

Insomma, così facendo, se il taglio contributivo proposto dalle imprese fosse esteso a tutti i lavoratori dipendenti, farebbe scendere il cuneo sul lavoro in Italia al 42,9%, avvicinandolo a quello medio nell’Eurozona (41,7%); se realizzato sui redditi fino a 35mila euro, il cuneo scenderebbe a 40,8%, addirittura sotto la media dell’area Ue.

Fonte: Redazione TFDC

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