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Un attore, uno speaker radiofonico, un insegnante, fanno della loro voce il principale strumento di comunicazione.
Ma per un professionista, è importante una bella voce?
Quando Il professionista incontra un cliente o un potenziale cliente, crea una relazione fondamentalmente basata su contenuti, sulla descrizione di un servizio. Già questo è il primo indice di difficoltà, soprattutto perché non vende un prodotto materico, concreto, facilmente visibile. In pratica, deve convincere con le chiacchiere, con le parole.
In questo articolo ci focalizziamo sulla comunicazione “para-verbale”, cioè tutto ciò che implica la nostra voce e come la utilizziamo. La voce è una capacità personale ed innata, spesso legata a suoni o situazioni che abbiamo vissuto non solo nell’infanzia, ma appena l’embrione sviluppa l’udito, all’interno del ventre materno. Tuttavia, questa caratteristica non è immutabile: può essere modificata notevolmente durante la nostra vita.
Ecco i fattori che andremo ad analizzare, con l’obiettivo di capire quali possono essere maggiormente convincenti con i clienti: volume, tono, ritmo, chiarezza, intercalari, pause, inflessioni dialettali.
- Volume. Alto, basso, medio, ecc. Parola da evitare è “troppo”. Troppo alto, assorda; troppo basso potrebbe non essere udito o creare uno sforzo all’ascoltatore. Inconsciamente, un volume medio-alto riporta alla mente figure spesso con ruoli importanti come oratori o insegnanti, quindi sarebbe preferibile per creare un maggior effetto carismatico sull’interlocutore.
- Tono. La voce “profonda” piace, a uomini e a donne indistintamente. Ed è la prima voce che sente il feto, ancora più ovattata da pelle e placenta. All’inizio della loro carriera, gli attori lavorano molto per acquisire un tono basso e profondo. Un po’ di lavoro sul respiro e sul “parlare di pancia anziché di gola” dà grandi vantaggi, per tutta la vita.
- Ritmo. Lento? Veloce? Variabile è la parola d’ordine. La passione, i sentimenti, le emozioni influiscono su questo fattore creando a chi ascolta una sensazione di convinzione nelle argomentazioni proposte.
- Chiarezza. Errore molto diffuso è quello di non pronunciare fino in fondo le parole, troncando l’ultima sillaba. Ma anche parlare senza muovere le labbra crea difficoltà all’ascolto. Aiuta ad eliminare questo difetto l’abituarsi a scandire bene le parole, staccandole l’una dall’altra, muovendo maggiormente le labbra.
- Intercalari. Sono i suoni (eee, mhmm, aaa) o le parole inutili (cioè, diciamo che, ecco, ecc.) che vengono inserite tra una frase e l’altra, come a riempire i silenzi. Oltre ad essere fastidiosi se molto frequenti, tendono a creare l’impressione che chi parla non sia convinto di ciò che dice. Eliminateli al più presto, magari sostituendoli con delle “pause”.
- Pause. Poco usate da noi comuni mortali, ma molto utili per creare aspettativa e dare più forza alla frase. I grandi oratori le collocano sapientemente subito prima o subito dopo una parola o un concetto importante. Servono anche a prendere un po’ il fiato e far …riposare le orecchie di chi ascolta.
- Inflessioni dialettali. Una pesante cadenza dialettale fa percepire una bassa scolarità e, di conseguenza, poca affidabilità. Al contrario, un corretto uso della lingua italiana, senza particolari accenti dialettali, fa percepire una maggior competenza e sicurezza.
Concludendo, una domanda: si può modificare la propria voce? Certamente! Ogni teatro cittadino ha specialisti di dizione, come alcune scuole di formazione al public speaking. Bastano con alcune lezioni individuali e molto esercizio e allenamento. E Al Pacino vi chiederà l’autografo…
Un attore, uno speaker radiofonico, un insegnante, fanno della loro voce il principale strumento di comunicazione.
Ma per un professionista, è importante una bella voce?