Nella recente ordinanza n. 21452/2021 si intravede un cambio di rotta.
La sottile linea rossa che traccia il confine tra spese di pubblicità e di rappresentanza è stata oggetto di ripetuti interventi della Corte di Cassazione che, con le più recenti sentenze, sembra aver delineato un quadro più chiaro. Gli aspetti che costituiscono maggiore fonte di contenzioso riguardano l'inerenza, la congruità e la qualificazione di tali spese, soprattutto in ordine alla corretta qualificazione giuridica delle spese di sponsorizzazione.
L'attenzione si sofferma sull'ordinanza 27.07.2021, n. 21452, con la quale la Suprema Corte ha compiuto un passo in avanti distinguendo per la prima volta, ai fini della qualificazione giuridica, tra spese sostenute prima e dopo la Finanziaria 2008. Con l'art. 1, c. 33 L. 244/2007 sono stati infatti individuati i criteri di inerenza e congruità delle spese di rappresentanza, intervenendo con una modifica all'art. 108 del Tuir che, con un rinvio al D.M. 19.11.2008, individuava quale principale elemento distintivo tra le 2 fattispecie di costi la gratuità delle spese di rappresentanza, al contrario delle spese di sponsorizzazione che richiedono invece l'esistenza di un contratto a prestazioni corrispettive.
Nel caso affrontato dalla Cassazione con la sentenza sopra richiamata, i giudici di legittimità affermano che il criterio distintivo tra spese di pubblicità e di rappresentanza va individuato negli obiettivi perseguiti, considerato che le prime sono finalizzate alla promozione di prodotti e servizi commercializzati dall'impresa, mentre le seconde sono sostenute per accrescere il prestigio dell'impresa attraverso una promozione dell'immagine e della sua notorietà, senza dar luogo ad una aspettativa di incremento delle vendite. Nel caso invece delle spese di pubblicità, esiste un chiaro obiettivo di incremento delle vendite attraverso la promozione di determinati prodotti o servizi, esaltandone le loro caratteristiche.
Le spese di sponsorizzazione possono costituire spese di rappresentanza, deducibili secondo i criteri e le limitazioni di cui all'art. 108 del Tuir, qualora il contribuente non provi che all'attività sponsorizzata è riconducibile una diretta aspettativa di ritorno commerciale. In caso contrario, le sponsorizzazioni ricadono nell'ambito delle spese pubblicitarie.
Inoltre, la Suprema Corte ricorda come sia prevista una norma speciale che, in deroga ai criteri ordinari, introduce nel nostro ordinamento una presunzione legale assoluta di congruità e di inerenza, nonché di qualificazione, per le spese di sponsorizzazione che rispettano i criteri e le condizioni di cui all'art. 90, c. 8 L. 289/2002. La norma richiamata dispone che le spese di sponsorizzazione sono considerate spese di pubblicità quando rispettano le seguenti condizioni:
Il quadro è ormai abbastanza chiaro e delineato.
Continua a leggere: attiva 3 notizie gratuite, le riceverai via e-mail
Oppure Abbonati e ricevi tutte le notizie di Ratio QuotidianoAbbonati