In caso di omessa presentazione della dichiarazione, le Entrate dispongono di ampi margini riguardo alle metodiche d'accertamento fruibili.
Nell'ordinanza 21.07.2021, n. 20802, la Sezione tributaria della Cassazione ha avuto modo di chiarire come, in materia di accertamento concernente i profili di imposizione diretta del contribuente, riguardo alla specifica ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, la determinazione del carico reddituale può essere elaborata attingendo a qualsivoglia elemento probatorio. Una simile conclusione risulta specificamente sancita dal dispositivo contenuto nell'art. 41 D.P.R. 600/1973 che consente espressamente l'effettuazione di una ricostruzione reddituale operabile anche sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti.
Trova quindi conferma il principio che sancisce in tale ambito la legittimità del ricorso al metodo induttivo, fondato su presunzioni cc.dd. “supersemplici”, ovvero elementi probatori privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, che in tale contesto comporterebbero un inevitabile inversione dell'onere della prova a carico del contribuente accertato, tenuto eventualmente a dimostrare che la capienza reddituale attribuitagli non è stata effettivamente prodotta o che è stata prodotta in misura inferiore a quella induttivamente quantificata dalle Entrate nel corso della verifica esperita.
L'accertamento induttivo puro trae origine dalla conoscenza di un fatto sintomatico dal quale sia possibile far scaturire gli elementi che ragionevolmente portano alla determinazione, appunto, induttiva del reddito d'impresa.
L'intervento offre un importante spunto di riflessione sull'inevitabile correlazione tra omissioni dichiarative e libertà d'accertamento da parte del Fisco.
Per l'Amministrazione Finanziaria, infatti, l'accertamento induttivo extracontabile integra uno strumento accertativo estremamente incisivo, in quanto rende assolutamente vana la protezione fiscale del contribuente rispetto alle azioni erariali. Se per l'applicazione di procedure induttive sono necessari di norma riscontri che evidenzino la presenza di gravi violazioni da parte del contribuente, oltre alla fruizione di presunzioni connotate dei caratteri della gravità, precisione e concordanza, nel caso in cui le infrazioni constatate risultano più gravi, i suddetti caratteri non occorrono: si parla di presunzioni supersemplici.
Un'inevitabile ipotesi della specie di quelle evidenziate è rappresentata dall'evenienza dell'accertamento d'ufficio disciplinato ai sensi dell'art. 41 citato, in ipotesi di omesso adempimento degli obblighi dichiarativi.
Tuttavia, si tenga presente che il potere disciplinato ai sensi della normativa non può essere condotto in maniera arbitraria ed incondizionata, occorrendo pur sempre l'adeguata proposizione di fatti noti da cui, seppur presuntivamente, rappresentare un fatto non noto, consistente nella complessiva ricostruzione reddituale. In termini pragmatici, ciò sta a significare che una qualsivoglia presunzione che sia posta a fondamento dell'accertamento deve, in ogni caso e necessariamente, ottemperare alla regola dell'inferenza non già necessaria, bensì quantomeno probabilistica, riguardo ai fatti posti alla base della pretesa tributaria, che risultino originariamente “non noti” (si tratta ovviamente del possesso di redditi), rispetto ai fatti “noti”, rappresentati da dati e notizie comunque raccolti o in qualsiasi modo pervenuti a conoscenza degli organi di controllo e accertamento.
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