Nuovi scaglioni Irpef, cosa cambia per i comuni

9 Giugno 2022
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Al fine di ridurre la pressione fiscale sui redditi delle persone fisiche, sono state modificate le aliquote e gli scaglioni IRPEF e rimodulate le detrazioni e il trattamento integrativo dei redditi di lavoro dipendente e i redditi assimilati. La prima novità riguarda la riduzione, da cinque a quattro, delle aliquote IRPEF. Le nuove aliquote (e scaglioni) IRPEF, in vigore dal 2022, sono le seguenti:

      da 0 a 15.000,00 euro di reddito imponibile 23%;
      da 15.00,01 a 28.000,00 euro di reddito imponibile 25%;
      da 28.000,01 a 50.000,00 euro di reddito imponibile 35%;
      da 50.000,01 euro in poi di reddito imponibile 43%.

Il precedente sistema di tassazione IRPEF prevedeva differenti aliquote per scaglioni di reddito: si tratta di 5 aliquote cui corrispondevano altrettanti scaglioni reddituali e precisamente

      da 0 a 15.000,00 euro di reddito imponibile: 23%;
      da 15.00,01 a 28.000,00 euro di reddito imponibile: 27%;
      da 28.000,01 a 55.000,00 euro di reddito imponibile: 38%;
      da 55.000,01 a 75.000,00 euro di reddito imponibile: 41%;
      da 75.00,01 in poi di reddito imponibile: 43%.

Come si evince dai prospetti sopra riportati la Legge di Bilancio 2022, all’articolo 1, lettera a) del comma 2, cambia l’IRPEF nei seguenti punti:

  • elimina l’aliquota del 41 per cento per lo scaglione di reddito da 55.000,01 a 75.000,00 euro;
  • riduce la seconda aliquota IRPEF di due punti dal 27 al 25 per cento;
  • riduce la terza aliquota IRPEF di 3 punti dal 38 al 35 per cento, applicata ai redditi fino a 50.000 euro;
  • per i redditi superiori a 50.000 euro, l’aliquota IRPEF 2022 è pari al 43 per cento (tassazione che fino al 31 dicembre 2021 era prevista oltre i 75.000 euro).

La seconda novità riguarda la rimodulazione delle detrazioni:

  • per i redditi da lavoro dipendente;
  • per i redditi da pensione;
  • per altri tipi di reddito (lavoro autonomo, impresa e redditi diversi).

In merito alle nuove no tax area la Manovra economica per le categorie Pensioni ed alcuni redditi occasionali assimilati al lavoro dipendente ha previsto un innalzamento della soglia:

  • per i pensionati no tax area fino a un reddito da pensione di 8.500 euro, con innalzamento di 500 euro rispetto al precedente tetto di 8 mila euro (viene modificato il comma 3 dell’articolo 13 del Testo unico imposte sui redditi);
  • per i redditi assimilati al lavoro dipendente la no tax area sale a 5.500 euro dai precedenti 4.800 euro (lettere e, f, g, h, i, articolo 50, comma 1 del Tuir).

La soglia esentasse per i lavoratori dipendenti resta invece a 8 mila euro. I Comuni hanno invece la possibilità di stabilire per l’addizionale comunale all’IRPEF una no-tax area più alta dei minimi stabiliti dalla legge ai fini IRPEF, ma non inferiore. A seguito della riforma i Comuni dovrebbero verificare di non aver stabilito le misure di no-tax area coincidenti con quelle individuate dalla norma in vigore fino al 2021: in tal caso esse andrebbero adeguate (ad es. per i Pensionati) alle nuove soglie minime fissate dal legislatore. Se invece le soglie stabilite per il 2021 fossero state maggiori, i Comuni potranno confermare quelle già esistenti anche per il 2022.

L’addizionale comunale all’IRPEF è un’imposta dovuta dai soggetti tenuti al versamento dell’IRPEF. Si applica di conseguenza al reddito complessivo determinato ai fini dell’IRPEF nazionale al netto degli oneri deducibili e non è dovuta se per lo stesso anno non risulta dovuta quest’ultima. L’addizionale è dovuta al Comune nel quale il contribuente ha il domicilio fiscale alla data del 1° gennaio dell’anno cui si riferisce il pagamento dell’addizionale stessa. I Comuni hanno la facoltà di istituirla, stabilendone con proprio regolamento l’aliquota e l’eventuale soglia di esenzione nei limiti fissati dalla legge statale.

Ai sensi dell’art. 1 comma 3 del D.Lgs. n. 360 del 1998, l’aliquota dell’addizionale all’IRPEF non può eccedere lo 0,8%, salvo deroghe espressamente previste dalla legge, come nel caso di Roma Capitale, che, a decorrere dall’anno 2011, può stabilire un’aliquota fino allo 0,9%. A decorrere dall’anno 2007, ai sensi dell’art. 1 comma 3-bis del D.Lgs. n. 360 del 1998, i Comuni hanno la facoltà d’introdurre una soglia d’esenzione dal tributo in presenza di specifici requisiti reddituali: in tal caso, l’addizionale non è dovuta qualora il reddito sia inferiore o pari al limite stabilito dal Comune, mentre la stessa si applica al reddito complessivo nell’ipotesi in cui il reddito superi detto limite. I Comuni possono stabilire un’aliquota unica oppure una pluralità di aliquote differenziate tra loro, ma in tale ultima eventualità queste devono necessariamente essere articolate secondo i medesimi scaglioni di reddito stabiliti per l'IRPEF nazionale, nonché diversificate e crescenti in relazione a ciascuno di essi.

Oggi l’addizionale comunale viene pagata da 25,3 milioni di contribuenti su 41,2 milioni. Questo perché si applica sullo stesso reddito complessivo dell’Irpef, ma colpisce solo chi deve pagare l’imposta nazionale; inoltre, alcuni Comuni non hanno istituito il tributo (1.128 su 7.904) e altri (2.617) hanno previsto fasce d’esenzione per i redditi bassi.

Da domani la sovraimposta sarà invece applicata direttamente all’ammontare dell’Irpef netta. Perciò, a meno di correttivi, chiamerà alla cassa anche tutti coloro che ora ricadono in una fascia di esenzione dall’addizionale, ma versano l’Irpef.

Nelle dichiarazioni 2021, i contribuenti tenuti all’Irpef sono 30,3 milioni: 5 milioni in più di quelli che versano l’addizionale. Tra questi 5 milioni c’è la platea di chi rischia di dover pagare per la prima volta la sovraimposta (escluso ovviamente chi vive in città che non impongono l’addizionale e non introdurranno neppure il nuovo tributo).

Fonte: Redazione TFDC

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