L'eventuale mancato invio della dichiarazione Iva non è sufficiente a perdere il diritto al credito, sempre che questo sia ricostruibile dalle scritture contabili.
L'omesso invio della dichiarazione Iva da cui emerge un credito, poi riportato nel modello dell'anno successivo, non comporta, necessariamente, la decadenza dal diritto di far valere tale credito purché lo stesso emerga dalle scritture contabili (Cass. 7.07.2020, n. 14055). La Corte di Cassazione ha ricordato che, in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale Iva, è consentita l'iscrizione a ruolo dell'imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento. Il Fisco può operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi e da atti d'indagine diversi da mero raffronto con dati ed elementi, in possesso dell'anagrafe tributaria. Tale conclusione, discende dalla interpretazione dell'art.18 della Direttiva CE n. 77/388/CE, il quale subordina il diritto alla detrazione dell'Iva solamente al possesso della fattura, compilata secondo le disposizioni a essa applicabili.
I giudici di legittimità hanno inoltre evidenziato che il rapporto di natura tributaria scaturisce da un'operazione lecita e gli obblighi che ne derivano (dichiarazione, registrazione, ecc.) hanno solamente una funzione illustrativa dei relativi dati al fine di consentire all'Agenzia delle Entrate di poter verificare agevolmente gli stessi onde procedere alla riscossione delle imposte. Pertanto, ciò che rileva ai fini della detraibilità è solo il carattere sostanziale ed effettivo del credito.
Il percorso della giurisprudenza è proceduto nel solco di dare rilevanza alla sostanza (l'esistenza del credito) piuttosto che alla forma (mancato invio del modello annuale Iva): il giudice tributario dovrà riconoscere il credito Iva se il contribuente dimostra che sostanzialmente ha diritto alla detrazione. Tale soluzione garantisce il principio di neutralità dell'imposta in questione, quale principio fondamentale sul quale poggia l'intero impianto normativo dell'Iva (Cass. 16.10.2012, n. 17754; Cass. 22.02.2013, n. 4539).
La necessità di rispettare il citato principio di neutralità, infatti, deve essere garantito anche nel caso in cui il soggetto passivo non rispetti le formalità imposte da uno Stato membro, quale ad esempio la presentazione della dichiarazione annuale Iva. Infatti, l'inosservanza da parte di un soggetto passivo delle formalità imposte da uno Stato membro, in applicazione delle disposizioni comunitarie, non può privarlo del suo diritto alla detrazione, mediante l'annotazione a credito nella dichiarazione di imposta, ferma restando l'eventuale sanzione per l'inosservanza di tali obblighi e ha affermato il seguente principio di diritto “il credito Iva maturato nell'anno in cui la dichiarazione annuale risulta omessa può comunque essere computato in detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto, fermo restando il potere/dovere dell'amministrazione finanziaria di accertare l'esistenza del credito ai sensi dell'art. 55 D.P.R. 633/1972” (Cass. 20120/2018). Il diritto alla detrazione deve essere, infatti, esercitato entro la scadenza prevista per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, ai sensi dell'art. 19 D.P.R. n. 633/1972 non contrastante con la citata Direttiva.
Tale disposizione così non ha per oggetto l'accertamento dell'esistenza del credito, bensì l'accertamento del diritto alla compensazione del credito vantato dalla società con i debiti tributari maturati nell'anno successivo a quello di maturazione del credito e, pertanto, deve essere riconosciuto il diritto del contribuente alla richiesta compensazione.
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