La tabella di marcia per affrancarsi dal gas russo l’ha ribadita il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani: all’Italia serviranno 24-30 mesi. E più binari, a partire da maggiori importazioni di gas naturale liquefatto (Gnl) e di gas da fornitori non russi, come rimarcato la Commissione Europea nel piano per ripotenziare la Ue e liberarla dalla dipendenza dal gas di Mosca (si veda altro articolo in pagina).
Un fronte, quello dell’importazione aggiuntiva da gasdotti non interconnessi alla rete europea, su cui il governo ha notevolmente accelerato nelle ultime settimane. Tanto che c’è grande ottimismo circa la possibilità di riuscire nell’impresa di emanciparsi dalle forniture russe. L’ultima mossa è arrivata con la telefonata del premier Mario Draghi al presidente della Repubblica azera, Ilham Aliyev. Da quel fronte sarebbero quindi già giunte le necessarie rassicurazioni rispetto alla possibilità di far arrivare in Italia attraverso il Tap, il gasdotto che trasporta il gas azero in Europa, volumi ulteriori: 1,5-2 miliardi di metri cubi in più tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023, anche grazie al raggiungimento del pieno utilizzo dell’attuale capacità di trasporto dell’infrastruttura (10 miliardi di m³).
Nell’elenco dei canali alternativi, però, la parte del leone la farà l’Algeria. Non a caso è stata la prima tappa del piano elaborato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio volato ad Algeri una settimana fa, insieme all’ad di Eni, Claudio Descalzi, per portare a casa altro gas dal Transmed dove, nel 2021, sono transitati circa 10 miliardi di metri cubi in quota Eni. Su questo versante, si parla della possibilità di altri 10 miliardi di metri cubi che potrebbero arrivare in Italia in tempi non troppo lunghi. Ma sono previsioni da confrontare con le valutazioni che Eni e Sonatrach, il big algerino dell’oil&gas, faranno poi a bocce ferme guardando a cosa, tra produzioni e sviluppi, si potrà accelerare.
Un ottimo apporto, poi, potrebbe giungere anche dal Qatar, secondo approdo per l’asse Di Maio-Descalzi. Obiettivo: ottenere volumi aggiuntivi di Gnl rispetto ai quasi 7 miliardi che Doha già assicura all’Italia e che vengono processati in gran parte dal rigassificatore di Rovigo. Da lì sarebbero attesi altri 3 miliardi di metri cubi, ma la prudenza è d’obbligo perché quantitativi e tempi di realizzo andranno concordati con i qatarini. E soprattutto richiederanno un potenziamento degli impianti in Italia: al momento i rigassificatori attivi sono tre (oltre a Rovigo, Panigaglia e Olt Livorno), ma il governo conta di sbloccare nuovi impianti (a partire dal progetto di Porto Empedocle che Enel è pronta a riprendere), inclusa una struttura galleggiante (Fsru), per l’individuazione della quale sarebbero stati sondati Eni e Snam. Quest’ultima avrà un ruolo centrale anche sul fronte cruciale del riempimento anticipato degli stoccaggi, su cui in Europa è passata la linea dell’Italia che aveva sponsorizzato anche gli acquisti comuni di gas e che, anticipando la via indicata ieri da Bruxelles, si era già mossa anche su aste CO2 ed extraprofitti.
In prospettiva,poi, c’è l’auspicato sprint sulle rinnovabili, i cui benefici sono stati stimati ieri da Terna in audizione: 60 gigawatt di nuova capacità produttiva produrrebbero fino a 100 terawattora di energia elettrica, facendo scendere i consumi gas di circa 15/ 20 miliardi di metri cubi l’anno.
Fin qui le tessere su cui il governo si è già attivato. Poi ci sono le leve da azionare in caso di emergenza. Come la massimizzazione sul fronte delle centrali a carbone e a olio (che assicurerebbero un risparmio, in termini di mancati consumi di gas, pari a circa 3,5 miliardi di metri cubi annui) o la definizione di nuove soglie di temperatura nel settore civile (case e uffici). Ma sarebbe davvero l’extrema ratio.
Fonte: Redazione TFDC
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