Un duro colpo alla L. 92/2012: anche in caso di licenziamento economico, l'insussistenza del fatto posto a fondamento del recesso non può che comportare il rientro del lavoratore.
Come ricorderete, la L. 92/2012, nel riscrivere l'art. 18, L. 300/1970, aveva superato il precedente impianto in forza del quale, nell'ambito della c.d. “tutela reale”, al licenziamento illegittimo corrispondeva un'unica e univoca forma di tutela, quella reintegratoria. Il nuovo art. 18 Statuto dei Lavoratori, anzi, nel prevedere un sistema di tutele articolato, garantiva la reintegra, se non per il licenziamento nullo, solo in alcune ipotesi tutto sommato marginali e segnatamente nel caso di licenziamento disciplinare dichiarato illegittimo per insussistenza del fatto contestato, o perché il fatto rientrava tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi.
Se è vero che la tutela reintegratoria era astrattamente prevista anche per l'ipotesi del licenziamento economico in cui fosse accertata la manifesta insussistenza del fatto posto a base del giustificato motivo oggettivo, ciò era rimesso alla discrezionalità del Giudice, il quale poteva optare (e l'esperienza ci dice ha in larghissima parte effettivamente optato) per una tutela meramente indennitaria, che non comportava il ripristino del rapporto.
La Corte Costituzionale ha ora assestato un duro colpo al nuovo assetto, sancendo che anche nel caso di licenziamento economico (e non solo in quello disciplinare) l'insussistenza del fatto posto a fondamento del recesso non può che comportare la reintegra. Infatti, la Consulta ha ritenuto irragionevole la disparità di trattamento tra il licenziamento economico (in cui, come rilevato, la possibilità di reintegra era lasciata alla discrezionalità del Giudice) e quello per giusta causa (ipotesi in cui, al contrario, era previsto l'obbligo della reintegra).
La pronuncia della Corte Costituzionale, datata 25.02.2021 ma della quale ancora non risultano pubblicate le motivazioni, riveste particolare interesse perché è destinata investire anche l'art. 3 D.Lgs. 23/2015. Come noto, infatti, il Jobs Act ha ulteriormente marginalizzato la reintegra per gli assunti post 7.03.2015, escludendola tassativamente per i licenziamenti di matrice economica, fossero anche fondati su un giustificato motivo oggettivo ritenuto del tutto insussistente.
Se tanto chiama tanto, ciò non può che rappresentare un'ancor più accentuata disparità di trattamento rispetto allo speculare caso del licenziamento disciplinare radicalmente infondato, e di conseguenza in odore di incostituzionalità.
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