Il creditore abbuona, ma il Fisco no

5 Gennaio 2022
Categoria:


L’ordinanza della Cassazione n. 41954/2021 boccia il contribuente che non ha riscosso alcuni canoni di locazione relativi a un immobile non abitativo, al fine di agevolarne il rilascio, esercitando la deduzione del costo.
Immaginiamo di aver stipulato un contratto di locazione con un conduttore che ha difficoltà a pagare i canoni. Queste circostanze, purtroppo frequenti, possono diventare un calvario per il locatore, viste le poche tutele che la legge concretamente gli riserva.
Ma concentriamoci sul tema fiscale. Come è noto la locazione di un immobile comporta imposizione del canone, a prescindere dall’effettivo pagamento. Questo è un punto fermo sia che il locatore agisca in ambito d’impresa, sia che agisca al di fuori dal regime d’impresa (privati, enti, ecc.).
Il fatto che le imposte sulla locazione debbano essere pagate anche se il conduttore è moroso e anche se il sistema giuridico non è in grado di assicurare idonea protezione al locatore, è abbastanza sconcertante. Evidentemente il legislatore ha valutato più grave il rischio che le parti si accordino in danno al Fisco, ma non è questo il tema del nostro scritto. Dobbiamo, però, ricordare che il Decreto Crescita (D.L. 34/2019) ha ammesso la possibilità di cessare la tassazione dei canoni già dopo l’intimazione di sfratto per morosità o al momento dell’ingiunzione di pagamento, ma esclusivamente per gli immobili abitativi. La morosità, nel caso di immobili non abitativi, aggiunge al danno per il proprietario che subisce la morosità anche la beffa perché deve pagare le imposte sul reddito per i canoni non riscossi.

Interessanti spunti vengono dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 366/2000 che ha ricordato come, nell’ambito del reddito fondiario, la regola sia il riferimento alla rendita catastale, che può essere sostituita dal canone di locazione soltanto fin quando risulterà in vita un contratto di locazione e quindi sarà dovuto un canone in senso tecnico. Quando, invece, la locazione è cessata per scadenza del termine, oppure quando si è verificata una causa di risoluzione del contratto, comprese quelle di inadempimento in presenza di clausola risolutiva espressa, o di risoluzione a seguito di diffida ad adempiere, il riferimento al reddito locativo non è più praticabile, tornando in vigore la regola generale.

Il caso esaminato dall’ordinanza della Cassazione n. 41954/2021 non riguarda immobili abitativi e neanche un’ipotesi di morosità in senso tecnico. Qui, in sostanza, il locatore ha rinunciato ad alcuni canoni per favorire il rilascio dell’immobile. Il nocciolo della questione riguarda quindi la decorrenza dello stop alle imposte sui canoni di locazione e parrebbe esteso anche ai fini Iva.
Ebbene, la Corte di Cassazione ha ritenuto che le imposte sui canoni siano dovuti sino alla data di registrazione dell’accordo transattivo e non fino alla data precedente di stipula degli accordi transattivi che comprendevano la pattuizione di alcune mensilità gratuite. Questo perché la parte privata non è riuscita a provare la data certa degli accordi risolutori ex art. 2704 c.c. e perché, in ogni caso, la Cassazione (sent. 348/2019) non riconosce l’efficacia retroattiva di accordi stipulati rispetto ai quali si è già verificata medio tempore la pretesa impositiva, salvo che la retroattività sia inequivocabile e che il Fisco non si opponga.
Sbrigata così la questione, rimane da capire se le conclusioni della Corte sono valide anche in riferimento all’annualità in corso, dove non si è ancora verificata una pretesa impositiva, e soprattutto perché tali conclusioni sono estese all’Iva, che è un’imposta basata sui corrispettivi.

Continua a leggere: attiva 3 notizie gratuite, le riceverai via e-mail


Oppure Abbonati e ricevi tutte le notizie di Ratio QuotidianoAbbonati

Articoli Correlati

magnifiercross