La legge di Bilancio aumenta da 7 a 10 i giorni di congedo obbligatorio: analizziamo le possibilità di astenersi dal lavoro in occasione della nascita o dell'ingresso in famiglia di un figlio.
Negli ultimi anni sono stati diversi gli interventi normativi volti a tutelare il padre lavoratore dipendente. Rivediamo quali sono i diritti di un lavoratore in seguito alla nascita del figlio o all'adozione.
1) Congedo di paternità - L'art. 28 D.Lgs. 151/2001 prevede che, nel caso di morte o grave infermità della madre, abbandono o affidamento esclusivo, ma anche nel caso di rinuncia al congedo di maternità totale o parziale della madre, il padre ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice; il congedo spetta al padre lavoratore a prescindere che la madre sia lavoratrice o casalinga.
Il congedo prevede un'indennità economica a carico Inps pari all'80% della retribuzione; i contratti collettivi possono prevedere un'integrazione a carico dell'azienda sino al raggiungimento del 100%.
2) Congedo parentale - L'art. 32 D.Lgs. 151/2001 prevede che il congedo parentale non può eccedere i 10 mesi considerati entrambi i genitori o 11 mesi nel caso in cui il padre si astenga dal lavoro per un periodo di almeno 3 mesi. Pertanto, il padre lavoratore potrebbe astenersi dal lavoro per un periodo massimo di 7 mesi (e la madre 4 mesi, per un totale di 11 mesi complessivi).
Il congedo parentale può essere fruito entro i primi 12 anni di vita del bambino o dall'ingresso del bambino in famiglia e prevede un'indennità economica a carico Inps pari al 30% della retribuzione fino a 6 anni, ridotta da 6 a 8 anni in base al reddito del richiedente, mentre non è prevista alcuna indennità da 8 a 12 anni. Il congedo parentale può essere fruito anche a ore.
3) Riposi giornalieri per allattamento - L'art. 40 D.Lgs. 151/2001 prevede che i riposi per allattamento spettino al padre lavoratore nel caso in cui i figli siano affidati al padre, in alternativa alla madre che non se avvalga, nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente o nel caso di morte/grave infermità della madre.
I riposi giornalieri possono essere fruiti durante il primo anno di vita del bambino oppure dall'ingresso del bambino in famiglia e sono pari a 2 ore nel caso di orario giornaliero almeno pari a 6 ore o pari a 1 ora nel caso di orario giornaliero inferiore a 6 ore; nel caso in cui il datore di lavoro abbia istituito asilo nido o altra struttura idonea, i riposi sono pari a un'ora.
In caso di parto gemellare o plurimo le ore di riposo sono raddoppiate.
Dopo la sentenza della Corte di Cassazione 12.09.2018, n. 22177, l'Inps ha emanato la circolare 18.11.2019, n. 140, chiarendo che il padre lavoratore può fruire dei riposi anche nel caso in cui la madre sia lavoratrice autonoma e a prescindere dalla fruizione dell'indennità di maternità della madre; in questo caso, il padre lavoratore non ha però diritto alle ore aggiuntive previste nel caso di parto plurimo.
I riposi per allattamento prevedono un'indennità economica a carico Inps pari al 100% della retribuzione.
4) Congedo obbligatorio/facoltativo “papà” - La legge di Bilancio 2021 (L. 178/2020) estende i giorni di congedo obbligatorio che, per le nascite dal 1.01.2021, sono pari a 10 giorni lavorativi; inoltre, il padre, in alternativa alla madre, può richiedere un giorno di congedo facoltativo. I giorni di congedo obbligatorio/facoltativo devono essere fruiti dal padre lavoratore entro 5 mesi dalla nascita o dall'ingresso in famiglia del figlio. Durante i giorni di assenza il lavoratore padre ha diritto a un'indennità pari al 100% della retribuzione.
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