La detassazione Ires e Irap del reddito imputabile ai beni immateriali – software, brevetti, know how, disegni e modelli, cosiddetto Ip (intellectual property) – nota come patent box è stata abrogata dal Dl 146/2021, poi modificato dalla legge di Bilancio 2022, con effetto dal periodo di imposta 2021. Tuttavia, qualora l’impresa lo reputi più conveniente, c’è tempo fino al 28 febbraio per effettuare tutti gli adempimenti documentali, contabili e di calcolo previsti dal “vecchio” patent box, onde esercitare l’opzione con dichiarazione “tardiva” per il 2020, con eventuale estensione al quinquennio (2020-2024).
Dal 21 ottobre 2021, l’articolo 6 del Dl 146/2021, convertito in legge 215/2021, poi subito modificato dall’articolo 1, comma 10, della legge 234/2021, ha inserito una super deduzione del 110% dei costi di R&S, in sostituzione dell’originario patent box introdotto dalla legge 190/2014. Tale improvvisa eliminazione ha effetto – adesso – soltanto ex nunc (dal 2021) e non più ex tunc (dal 2020), come prevedeva la norma originaria, criticata anche da Assonime, poi corretta dalla legge di Bilancio (circolare 30 del 28 ottobre 2021).
Il patent box 1.0 viene cancellato nonostante l’ampia diffusione nei Paesi europei, in armonia con le indicazioni dell’Ocse (Beps, action 5), anche in Svizzera, San Marino, Cipro, Malta, e in controtendenza al recente potenziamento attuato ex articolo 4 del Dl 34/2019:
Tuttavia, dopo un anno, «in assenza di evidenze concrete sugli effetti economici positivi a fronte dei costi della misura a carico della finanza pubblica, c.d. spill over» – così il dossier del Servizio studi del Senato sulla legge 234/2021 – la detassazione al 50% del reddito ascrivibile agli «IP» viene sostituita con una super deduzione del 110% dei costi, che premia, a monte, l’impresa che effettua investimenti in R&S, a prescindere dalle performance, cioè dal realizzo a valle dei redditi da «IP».
In effetti, il patent box 2.0 – a prima vista – in modo più semplificato contempla una maggiorazione “secca” del 110% dei costi di R&S, purché correlati all’implementazione (soltanto) dei software, brevetti, disegni e modelli, premiando l’impresa «che spende di più», indipendentemente dai risultati. Ma tale misura appare connotata da molti aspetti oscuri, ancora tutti da delineare in concreto con un provvedimento di attuazione delle Entrate. Inoltre, il nuovo patent box – in modo irrazionale – non comprende più il know how, asset molto importante e assai diffuso nelle Pmi innovative, invece prima rilevante ai fini del beneficio.
Tuttavia, si può ancora rimediare, qualora il vecchio patent box risulti più appealing del nuovo in ragione:
A stretto giro, però, l’impresa è tenuta a calcolare l’agevolazione, con l’implementazione di un adeguato sistema di rilevazione contabile o extracontabile, fornire tutte le informazioni richieste nelle «sezioni A e B» della «documentazione idonea», con firma elettronica del legale rappresentante e apposizione della marca temporale. Invero, tutti gli adempimenti vanno espletati entro il termine di presentazione della dichiarazione “tardiva”, nella quale va esercitata l’opzione e autoliquidato il beneficio Ires e Irap, spettante già per il periodo 2020, con possibilità di estensione fino al 2024.
Purtroppo tale modus operandi rappresenta l’unico rimedio per sfruttare questa opportunità, considerato che, sebbene l’articolo 4, comma 5, del Dl 34/2019 preveda la possibilità di esercitare l’opzione patent box 1.0 con la prima «dichiarazione integrativa» utile, a condizione che non sia ancora iniziata l’attività di controllo, l’agenzia delle Entrate appare orientata in senso restrittivo, prescrivendo che l’opzione va esercitata al massimo nella «dichiarazione tardiva» da inviare entro l’imminente 28 febbraio (si veda la risposta a interpello della Dre Lombardia n. 904-3215/2021).
Fonte: Redazione TFDC
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