Due recenti sentenze della Corte di Cassazione aiutano a far chiarezza.
Le festività di fine anno appena trascorse hanno puntualmente riproposto tra il personale dipendente della pubblica amministrazione un vecchio e ricorrente dilemma: fino a che punto è lecito accettare doni, omaggi o regalie da parte dell’utenza?
La risposta all’imbarazzante quesito va ricercata nel D.P.R. 62/2013 denominato “Codice di comportamento dei dipendenti pubblici” che all’art. 4, c. 1 perentoriamente recita: “Il dipendente non chiede, né sollecita, per sé o per altri, regali o altre utilità”.
Il successivo comma dispone che: “Il dipendente non accetta, per sé o per altri, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali. In ogni caso, indipendentemente, dalla circostanza che il fatto costituisca reato, il dipendente non chiede, per sé o per altri, regali o altre utilità, neanche di modico valore a titolo di corrispettivo per compiere o aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all’ufficio, né da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell’ufficio ricoperto”.
Il “modico valore” del bene viene fissato dal comma 5 in una cifra non superiore a 150 euro, ferma restando, per le singole amministrazioni, la possibilità di adottare limiti inferiori, fino a sancirne il totale divieto in relazione alle caratteristiche dell’ente e alla tipologia delle mansioni.
Posta la suddetta normativa in materia, ci si chiede se il mancato rispetto delle citate disposizioni possa costituire per il pubblico ufficiale una grave violazione dei doveri d’ufficio e addirittura integrare, per tutti i soggetti interessati, gli estremi della corruzione.
A temperare il rigore e l’astrattezza della norma ci pensa, come al solito, la giurisprudenza della Corte di Cassazione che, sul punto, è intervenuta con 2 recenti sentenze: le nn. 47216/2021 e 47237/2021.
La prima ha visto come protagonista un imprenditore accusato di istigazione alla corruzione per aver offerto dei cesti natalizi, contenenti generi alimentari, ad un luogotenente e a 2 marescialli dei Carabinieri impegnati nel compimento di indagini nei suoi confronti, a seguito del sequestro di alcune vasche dell’impianto di smaltimento dell’azienda di cui era socio.
La Suprema Corte ha stabilito l’assoluzione dell’imputato, evidenziando come la consegna dei doni, non soltanto trovasse giustificazione nel sentimento di gratificazione del ricorrente, ma anche come quel gesto non potesse incidere sull’attività istituzionale dei militari dell’Arma.
Di analogo tenore la seconda pronuncia effettuata nei confronti di un ispettore del lavoro “beneficiato” di 2 latte di olio e una busta di castagne.
Un omaggio di così modico valore, secondo i giudici di legittimità, non è in grado di sviare il regolare svolgimento di una pubblica funzione.
Due recenti sentenze della Corte di Cassazione aiutano a far chiarezza.