Nella circolare 22/E/2020 l'Agenzia delle Entrate ha fornito interpretazioni in materia di contributo a fondo perduto che sembrano ispirate più all'esigenza di limitare i casi di erogazione più che alla lettura del dato normativo.
Con la circolare 22/E/2020 l'Agenzia delle Entrate torna sul tema del contributo a fondo perduto di cui all'art. 25 del “decreto Rilancio”, norma che non ha subito variazioni in sede di conversione in legge. Dopo aver affrontato una disanima generale della disposizione con la circolare 15/E/2020, l'Agenzia risponde a una serie di domande che le permette di approfondire alcuni punti delicati e discutibili, ma le tesi sostenute sono, in gran parte, del tutto non condivisibili.
Il primo punto che lascia molto perplessi è rubricato 2.4 e riguarda il diritto ad ottenere il contributo da parte di professionisti privi di cassa di previdenza obbligatoria e lavoratori dello spettacolo. Sul punto va ricordato che l'art. 25, c. 2 D.L. 34/2020 statuisce che il contributo non spetta: “ai contribuenti che hanno diritto alla percezione delle indennità previste dagli artt. 27 e 38 D.L. 18/2020”. Tali contribuenti sono i professionisti titolari di partita Iva iscritti alla Gestione Separata Inps e i lavoratori dello spettacolo, ma la norma, come è agevole notare, non richiama soggettivamente tali contribuenti, ma afferma in modo chiaro ed inequivocabile che sono esclusi dal contributo “coloro che hanno diritto alle indennità di cui agli artt. 25 e 38 del D.L. 18/2020”. Quindi l'elemento soggettivo non sono i professionisti titolari di partita Iva senza cassa di previdenza o i lavoratori dello spettacolo, bensì coloro che, appartenendo a tale categoria, presentano condizioni che non permettono l'accesso alle indennità del D.L. "Cura Italia". Se così non fosse il legislatore avrebbe detto chiaramente: “sono esclusi i professionisti titolari di partita Iva e i lavoratori dello spettacolo”. Aver, invece, affermato che sono esclusi dal contributo costoro se non hanno diritto alla indennità, vuol dire indiscutibilmente che il diritto o meno alla indennità del "Cura Italia" è lo spartiacque tra chi ha diritto al contributo a fondo perduto e chi non ne ha diritto. L'interpretazione delle Entrate che invece valorizza il mero dato soggettivo è incomprensibile e palesemente errata. Per tutti questi contribuenti ora si presenta un dilemma di difficile soluzione: proseguire nella corretta via interpretativa, incassare il contributo e sostenere un delicato contenzioso con l'Agenzia delle Entrate tenendo presente le implicazioni anche penali che sono legate al supposto indebito incasso, oppure rinunziare al contributo mettendo in moto una procedura non semplice, nella quale occorre distinguere se la rinunzia è avvenuta prima o dopo l'accredito. Più precisamente non saranno dovute sanzioni da parte di chi (Circ. 22/E/20, par. 5.3) ha eseguito la rinunzia prima dell'accredito, anche se, nonostante la rinunzia, l'accredito è stato effettivamente eseguito. In tal caso verrà restituito tempestivamente il contributo e i relativi interessi utilizzando i codici tributo previsti dalla risoluzione 37/E/2020, cioè 8077 per la quota capitale e 8078 per la quota interessi e 8079 è il codice per la sanzione.
Invece bene ha fatto l'Agenzia a chiarire (par. 2.9), ove ve ne fosse stato bisogno, che l'agente di commercio è un imprenditore come tutti gli altri imprenditori, e peraltro iscritto alla gestione Inps commercianti, per cui non sussiste alcun ostacolo a che egli sia percettore del contributo a fondo perduto. Sul punto erano stati sollevati dubbi, non del tutto motivati a parere di chi scrive, che ora vengono dissipati.
Nella circolare 22/E/2020 l'Agenzia delle Entrate ha fornito interpretazioni in materia di contributo a fondo perduto che sembrano ispirate più all'esigenza di limitare i casi di erogazione più che alla lettura del dato normativo.
Con la circolare 22/E/2020 l'Agenzia delle Entrate torna sul tema del contributo a fondo perduto di cui all'art. 25 del “decreto Rilancio”, norma che non ha subito variazioni in sede di conversione in legge. Dopo aver affrontato una disanima generale della disposizione con la circolare 15/E/2020, l'Agenzia risponde a una serie di domande che le permette di approfondire alcuni punti delicati e discutibili, ma le tesi sostenute sono, in gran parte, del tutto non condivisibili.Il primo punto che lascia molto perplessi è rubricato 2.4 e riguarda il diritto ad ottenere il contributo da parte di professionisti privi di cassa di previdenza obbligatoria e lavoratori dello spettacolo. Sul punto va ricordato che l'art. 25, c. 2 D.L. 34/2020 statuisce che il contributo non spetta: “ai contribuenti che hanno diritto alla percezione delle indennità previste dagli artt. 27 e 38 D.L. 18/2020”. Tali contribuenti sono i professionisti titolari di partita Iva iscritti alla Gestione Separata Inps e i lavoratori dello spettacolo, ma la norma, come è agevole notare, non richiama soggettivamente tali contribuenti, ma afferma in modo chiaro ed inequivocabile che sono esclusi dal contributo “coloro che hanno diritto alle indennità di cui agli artt. 25 e 38 del D.L. 18/2020”. Quindi l'elemento soggettivo non sono i professionisti titolari di partita Iva senza cassa di previdenza o i lavoratori dello spettacolo, bensì coloro che, appartenendo a tale categoria, presentano condizioni che non permettono l'accesso alle indennità del D.L. "Cura Italia". Se così non fosse il legislatore avrebbe detto chiaramente: “sono esclusi i professionisti titolari di partita Iva e i lavoratori dello spettacolo”. Aver, invece, affermato che sono esclusi dal contributo costoro se non hanno diritto alla indennità, vuol dire indiscutibilmente che il diritto o meno alla indennità del "Cura Italia" è lo spartiacque tra chi ha diritto al contributo a fondo perduto e chi non ne ha diritto. L'interpretazione delle Entrate che invece valorizza il mero dato soggettivo è incomprensibile e palesemente errata. Per tutti questi contribuenti ora si presenta un dilemma di difficile soluzione: proseguire nella corretta via interpretativa, incassare il contributo e sostenere un delicato contenzioso con l'Agenzia delle Entrate tenendo presente le implicazioni anche penali che sono legate al supposto indebito incasso, oppure rinunziare al contributo mettendo in moto una procedura non semplice, nella quale occorre distinguere se la rinunzia è avvenuta prima o dopo l'accredito. Più precisamente non saranno dovute sanzioni da parte di chi (Circ. 22/E/20, par. 5.3) ha eseguito la rinunzia prima dell'accredito, anche se, nonostante la rinunzia, l'accredito è stato effettivamente eseguito. In tal caso verrà restituito tempestivamente il contributo e i relativi interessi utilizzando i codici tributo previsti dalla risoluzione 37/E/2020, cioè 8077 per la quota capitale e 8078 per la quota interessi e 8079 è il codice per la sanzione.Invece bene ha fatto l'Agenzia a chiarire (par. 2.9), ove ve ne fosse stato bisogno, che l'agente di commercio è un imprenditore come tutti gli altri imprenditori, e peraltro iscritto alla gestione Inps commercianti, per cui non sussiste alcun ostacolo a che egli sia percettore del contributo a fondo perduto. Sul punto erano stati sollevati dubbi, non del tutto motivati a parere di chi scrive, che ora vengono dissipati.